Ho voluto che una mia “cliente” che penso di poter considerare amica scrivesse le sue emozioni relative al parto di suo figlio Elia, parto non travagliato, ma vissuto al pieno della sua essenza.

 

Il 28 febbraio 2010 ho partorito mio figlio e ogni volta che mi capita di descrivere il mio parto non posso che dire “ho patito del male? sì…….ma io non me lo ricordo”.

Ora, non è che non me lo ricordo perché, come dicono le nonne, il parto è un male scordone (cioè che non lascia memorie), proprio non lo ricordo, e non solo.

Per me il parto è stato uno dei momenti più belli ed esaltanti della mia vita.

Non ero nemmeno drogata!

Gaetano all’interno del suo blog mi ha suggerito di raccontare la mia esperienza e ho deciso di farlo soprattutto per dire alle donne che esiste un altro modo di partorire  e per dire ai padri di esserci, perché il parto vissuto in tre (a volte in quattro) è qualcosa di indimenticabile che lascia segni positivi indelebili nella coscienza di tutti: padre, madre e figli.

Il mio percorso inizia nell’ottobre nel 2008 quando scopro di essere incinta per la prima volta. Come accade alla maggior parte delle donne le prime emozioni che fanno a gara per prendere il sopravvento sono gioia e panico…..le altre a seguire. Ho affrontato le prime settimane con molta serenità fino al 17 dicembre quando, durante un’ecografia mi dicono che non c’è più battito.

Chi ha passato questa esperienza non ha bisogno che io descriva niente, a chi non ci è passata anche un fiume di parole non renderebbe l’idea. Esperienza devastante è l’unica cosa che posso dire.

Io credo che si possa reagire agli avvenimenti negativi che la vita ci presenta in due modi: o subendoli, facendoli diventare dei mali interiori che lentamente ci annientano assorbendo ciò che di positivo abbiamo dentro, o vivendoli cercando di capire come possono aiutarci a diventare persone migliori.

L’unica cosa a cui pensavo era; ok, puoi solo sperare che ti renda migliore, anche se per  breve tempo almeno hai avuto una possibilità di essere madre e di capire cosa significa avere in te una vita, altre purtroppo non hanno avuto nemmeno questo.

Fortunatamente, poi le cose sono andate bene e a luglio 2009 ho scoperto di essere incinta di nuovo.

La mia ginecologa, come l’ostetrica (preciso del consultorio a dimostrazione del fatto che la professionalità non dipende solo dai soldi che paghi) mi sono state molto vicine e mi hanno controllato in modo particolare e scrupoloso soprattutto per evitare gli stati d’ansia inevitabili vista la precedente esperienza.

Al quarto mese inizio a lavorare con Gaetano a livello osteopatico. Mi ha “messo le mani addosso” aiutando il mio corpo a prepararsi al parto: ha stimolato tutto l’apparato articolare e muscolare che si stava modificando per l’avvento della gravidanza, mi ha trattato a livello cranio sacrale cercando di ritrovare una normalizzazione in base all’aumentare dei mesi di gestazione, ha gestito gli eventi…insomma è stato importante e presente nell’accompagnarmi in questa meravigliosa esperienza.  Non so come sarebbe andata senza il suo lavoro ma io credo che il corpo, così come la mente devono essere preparati ad un evento come il parto, in modo da renderlo semplicemente ….NAURALMENTE MERAVIGLIOSO.

Per quanto riguarda la mente non ho mai avuto paura del dolore del parto per due semplici motivi; il primo perché dopo l’intervento che è seguito all’aborto, qualunque dolore sarebbe stato sicuramente minore, il secondo perché ho sempre creduto che il dolore fosse assolutamente normale e funzionale all’espulsione del bambino, quindi sopportabile.

Al nono mese sono arrivata forte come un leone. Ogni giorno mi svegliavo pensando che portavo in me la vita di mio figlio e andavo avanti con questo pensiero tutto il giorno, è per questo che le donne incinte sono sempre così belle!

Poi è arrivato il giorno del parto. I primi dolori, ben sopportabili, sono arrivati verso le 17 per aumentare gradatamente fino alle 9 del mattino, fin quando chiamo il centro nascita del policlinico, con cui mi ero sentita anche durante la notte per gli aggiornamenti per dirgli che sto per arrivare.

Per chi non lo conoscesse il centro nascita era un “piccolo angolo” nel reparto di ostetricia del policlinico di Modena in cui le partorienti venivano assistite solo da ostetriche specializzate e in cui il ginecologo interviene solo in caso di effettiva necessità. Ho scritto “era” perché dopo il terremoto non so se è stato ricreato, mi auguro di sì.

Elia è nato alle 13,45 di domenica. L’ho partorito con la perfetta assistenza di suo padre, con l’aiuto di due ostetriche che si sono date il cambio nella mattinata e con un ricordo lontano di Gaetano che mi insegna a respirare usando il diaframma.

Ricordo che non riuscivo a fare le scale mentre uscivo da casa, so che mi hanno dovuto accompagnare al sesto piano del policlinico con la sedia a rotelle perché non riuscivo più a girare, ricordo una manovra dell’ostetrica per rompere la membrana rimasta chiusa, ricordi, tanti ricordi ma solo mentali, il mio corpo ha cancellato ogni segno di dolore. Il mio corpo sapeva esattamente quale era la posizione in cui stare, il dolore glielo diceva.  Ad un certo punto l’ostetrica mi ha obbligato ad alzarmi dal letto in cui mi trovavo, per sedermi e dare le ultime spinte.

La gravità ha dato una mano……mio figlio ha fatto il resto.

A questo punto mi sarebbe tanto piaciuto che Gaetano fosse stato presente per poter  “risistemare” un po’ di quelle cose in mio figlio che durante il parto si potevano essere eventualmente disequilibrate, ma siamo in Italia e queste pratiche non usano.

Sono passati tre anni e quando mi capita di raccontare la mia esperienza la maggior parte delle donne mi guarda strana; se i loro pensieri fossero dei fumetti vedrei frasi tipo: questa è matta, mi sta raccontando una sciocchezza…; la solita illusa romantica…; si va bè ma tu non hai mica sofferto come me…; impossibile, quando toccherà a me tutte le droghe permesse e non, io le vorrò…

Con questa mia cronaca di un parto non voglio giudicare le donne che preferiscono usare l’epidurale, o che vogliono un parto programmato con cesareo. Sicuramente la mia precedente  esperienza ha influenzato il mio modo di affrontare gravidanza e parto, ma vorrei veramente che ci fosse un’educazione al dolore del parto.

Il corpo può parlare, e conosce un solo linguaggio, a noi impararlo.

Viviamo una società che ci ha reso sordi, il dolore fa parte dei rumori fastidiosi quindi lo facciamo tacere, sempre.

Se noi siamo energia, di che qualità è il dolore?

Non lo vogliamo sentire quindi lo tratteniamo, dentro, ma siamo sicuri che vada bene così?

Forse sarebbe meglio ascoltarlo mentre esce, no?  Ma questa è un’altra storia……

 

Monica Bevini