Forma e funzione

Forma e funzione

Forma e funzioneIl nostro corpo può essere visto come una tensostruttura gestita da un motore o unità centrale, il cervello.

La stessa è composta da:
➢    Un “telaio” osseo portante
➢    Fasce muscolari che fanno muovere tale sistema osseo
➢    Una fascia profonda che gestisce il tutto adattandosi agli eventi che nella nostra vita possono farci cambiare sia la forma, intesa come struttura o portanza corporea, sia la funzione, direttamente connessa alle nostre specifiche necessità e a ciò che ci siamo creati nel tempo.

Possiamo affermare per questo che forma e funzione siano tanto interconnesse quanto le due facce di una stessa medaglia. Il nostro corpo ha una diretta relazione tra il suo interno ed il suo più evidente esterno.
Ogni cambiamento di forma modifica la funzione e, viceversa, l’uso prolungato in una funzione modifica la forma. Se pensate a come un corpo esternamente si modifica nella sua funzione per una possibile variazione nel suo interno dovuta per esempio ad un semplice mal di pancia si capisce come quello che scrivo sia reale e oggettivo.
Un altro esempio evidente ci viene offerto dall’osservazione dello sviluppo della muscolatura che appare incrementata in certe parti del corpo in persone che svolgono determinati sport o attività fisiche specifiche. Se tale sviluppo è eccessivo provoca certamente alterazioni alla forma esterna e alla funzione globale.
Generalmente l’alterazione della forma/funzione naturale di una parte del corpo non riguarda solo quella parte, ma si ripercuote sull’intero organismo, sia all’esterno che all’interno. Ad esempio, potremo constatare notevoli asimmetrie tra la parte destra e sinistra del corpo di chi gioca a tennis o suona strumenti come il flauto traverso o il violino. Tali asimmetrie, a lungo andare, sono capaci di provocare sia fastidi o dolori muscolari locali sia infiammazioni o irritazioni in grado di influenzare negativamente organi o strutture in apparenza “lontane”.
Quindi l’organizzazione della struttura è parzialmente responsabile della funzionalità degli organi interni. Ogni deformazione, anche periferica, può modificare l’equilibrio dell’intero sistema fino a comprometterlo generando una disfunzione. Viceversa, la disfunzione di un organo o di un apparato può manifestarsi nell’organizzazione della struttura.
Tutto questo può accadere non solo per reali e oggettive ragioni biomeccaniche o fisiologiche ma anche per motivi che coinvolgono la nostra sfera più profonda, quella emotiva.

Formazione – Deformazione
Ancor prima di nascere, dal concepimento in avanti, siamo bersaglio di esperienze meccaniche ed emotive che contribuiscono a questo continuo processo di formazione/deformazione della nostra struttura. Già nell’utero materno riceviamo forti “impressioni dal mondo” attraverso lo scambio profondo e liquido costantemente in atto con la madre. Queste impressioni diventeranno via via più definite durante e dopo la nascita.
Procedendo nel percorso di crescita, vedremo come una sollecitazione anomala dovuta, ad esempio, a tensione fisica o emotiva mantenuta per lungo tempo possa ripercuotersi sulla struttura dell’osso fino a deformarlo. Ogni giorno possiamo osservare nelle persone intorno a noi ed in noi stessi le impronte concrete di emozioni “dense” come la paura. Proviamo a ricordare, facendo ricorso ad un episodio vissuto intensamente da bambini, come il nostro corpo si atteggiava quando provavamo paura di essere magari scoperti, sgridati, maltrattati. Sentiremo immediatamente il torace sollevarsi, il diaframma bloccarsi in inspirazione come se volessimo trattenere il respiro per non farci sentire, il collo si ritroverà intartarugato (termine che mi piace utilizzare perché rende bene l’idea) tra le spalle sollevate, il bacino bloccato dalle gambe contratte.

Le Emozioni
Ogni emozione “forte”, come ogni stato d’animo, è in grado di modificare l’atteggiamento corporeo e la postura. In seguito vedremo come, se protratta nel tempo, tale postura divenga parte dei nostri automatismi e come diventi pertanto la “forma” con la quale ci presentiamo al mondo e ci identifichiamo. A quel punto, anche se le circostanze esterne che ci hanno condotti a quella forma sono cambiate, noi saremo ormai condizionati a riprodurla ogni giorno attraverso la deformazione della nostra struttura e ci sentiremo “così” come quella forma ormai impone, riproducendo inconsciamente il medesimo sentire “deformato”.
Come possiamo andare oltre i condizionamenti impressi in una forma che rischia di diventare un limite non solo soggettivo, ma anche oggettivo? La risposta che mi sono dato è più semplice di quanto si possa pensare: “conosco il mio corpo e lo ascolto”. Letta così sembra cosa utopica, ma se pensiamo che siamo ciò che esprimiamo, come possiamo migliorarci se prima non apprendiamo? Il processo di conoscenza corporea richiede da parte di chi “insegna” la capacità di esprimere concetti spesso complessi in modo semplice e fruibile e da parte di chi “apprende” il semplice desiderio di consapevolezza del proprio corpo.

La Forma Ideale
Possiamo dire che la “forma ideale” è un corpo senza restrizioni, in armonia con se stesso, con l’ambiente circostante e con la forza di gravità che è una delle maggiori sollecitazioni a cui la nostra struttura è costantemente sottoposta.
Quando all’interno del corpo aumentano le costrizioni di tensione le cellule preposte secernono collagene per far fronte alla tensione generatasi. Ciò avviene naturalmente in condizioni di tensione continua dovuta alla crescita: le ossa si allungano mettendo in tensione il connettivo periferico, le aponeurosi, i setti intermuscolari, i tendini, i legamenti e questo è un fenomeno fisiologico del tutto naturale.
Il medesimo fenomeno può tuttavia verificarsi in condizioni assai meno naturali, come in presenza di trazioni successive ripetute, ad esempio nelle ipersollecitazioni meccaniche della muscolatura. In questo caso il tessuto si densifica in quanto nuovi fasci di collagene vengono prodotti per alleggerire il lavoro di quelli già esistenti e troppo sollecitati. Se in un tessuto aumentano le fibre di collagene, esso perde la sua elasticità proporzionalmente a tale aumento. Nell’ipersollecitazione muscolare ciò avviene a livello del tessuto connettivo, sia all’interno delle fibre muscolari che all’esterno. Le costrizioni in generale inducono lo sviluppo della trama del collagene a spese della rete elastica; in più tale densificazione riduce l’irrigazione del tessuto limitando la circolazione dei fluidi, quindi, il nutrimento, il drenaggio, la difesa della zona interessata e, data la funzione connettiva della fascia, dell’intero sistema immunitario.
Anche nel trauma fisico diretto avviene qualcosa di analogo: laddove si verifichi un evento traumatico, la fascia si organizza per contenere e/o riparare la lesione, in superficie o in profondità, creando addensamenti con conseguente possibile perdita di elasticità e vitalità dei tessuti circostanti. L’esempio più evidente lo forniscono cicatrici e aderenze, entrambe prodotte dalla necessità da parte della fascia di “ricucire” gli “strappi” del tessuto dovuti a interventi che ledono la continuità del tessuto stesso. Poiché il corpo è un unico insieme di parti tutte interconnesse mediante la fascia, appare chiaro come ogni modificazione locale della medesima possa alterare l’intera struttura. Pensiamo ad un vestito che ci sta “a pennello”. Se il tessuto si strappa, a seconda dell’orientamento e delle dimensioni dello strappo, è possibile rammendare o ricucire lasciando un segno più o meno visibile “in loco”. Ma se lo strappo è di una certa entità la sua “riparazione” potrà dar luogo a pieghe che rovineranno la linea dell’intero abito.
La stessa cosa vale per la fascia: addensamenti provocati da ipersollecitazioni possono far sì che l’intera struttura corporea prenda “una brutta piega”, e non sarà certo un problema estetico, ma funzionale. Quindi, la funzionalità o “forma ideale” dell’intero corpo è garantita dalla comunicazione tra i vari sistemi.

2018-03-07T10:14:43+00:00 lunedì 15 febbraio 2010|Osteopatia da leggere|Commenti disabilitati su Forma e funzione